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zazione possiede da sola le risorse necessarie per affrontare questa sfida e per condurre
attività di ricerca sui rischi nuovi ed emergenti in maniera tale da soddisfare appieno sia i
bisogni dei lavoratori che delle aziende.
Occorre creare un modello in grado di prevenire il rischio sia di malessere psicologico, sia
di infortuni sul lavoro, spesso correlati a variabili psicosociali e cognitive, non solo pre-
disponendo un sistema di regole, ma integrando il sistema normativo con strumenti quali:
la formazione, la valorizzazione e diffusione di “buone prassi”, gli accordi collettivi che
siano fondati sul rispetto delle competenze professionali certificate.
Il presente documento richiama le competenze che attengono alle Strutture Complesse di
Psicologia che, in integrazione alle altre risorse professionali deputate, riguardano non
solo la capacità di valutazione dei rischi stress lavoro correlato, ma anche: l’ approfondi-
mento e la certificazione della patologia stress lavoro correlata; gli interventi terapeutici
individuali, le soluzioni organizzative ed i sistemi di informazione-formazione.
2.1 Il concetto di rischio e la tutela della salute
Il concetto di rischio in sé è un fenomeno complesso, il concetto di stress lavoro correlato
è un concetto ancora sfuggente che è difficile ricondurre a significati e definizioni univo-
che. Esiste una distinzione teorica tra percezione di rischio, come processo cognitivo, as-
sunzione del rischio , come l’adozione di comportamenti nocivi e propensione al rischio,
come un tratto di personalità in grado di orientare sia la percezione sia il comportamento
nei confronti del rischio. In generale, nel settore tutela della salute, il concetto di rischio
tende ad essere ancora strettamente legato alle patologie (Bertini, 1988), alle minacce alla
salute trascurando sia gli aspetti sociali del rischio collegati ai comportamenti di salute,
sia l’analisi degli aspetti simbolici della ricerca del rischio, come gli aspetti motivazionali
(Zani, 1999). Nelle teorie del comportamento di salute di stampo cognitivista, la perce-
zione del rischio è considerata fattore motivazionale che influenza l’adozione di com-
portamenti salutari o la cessazione di comportamenti nocivi. La vulnerabilità costituisce
quindi il presupposto per l’adozione di comportamenti protettivi: più è alta, più i soggetti
si sentiranno motivati ad adottare comportamenti protettivi.
Alcuni autori (Yates e Stone, 1992) delineano la percezione del rischio come un processo
che si snoda attraverso una serie di fasi che vanno dalla valutazione della possibilità di
danno potenziale fino alla valutazione delle proprie capacità di affrontare il rischio pas-
sando attraverso l’identificazione del danno, la stima e la valutazione complessiva del ri-
schio in base alla molteplicità possibile dei danni percepiti (morte, malattia, perdita finan-
ziaria) e la stima della probabilità connessa al rischio. Invece di stimare la probabilità, di
solito le persone applicano principi euristici o regole empiriche che quindi condizionano
l’atteggiamento finale del soggetto nei confronti del rischio percepito.
L’assunzione di tali definizione di rischio, in particolare quello da stress lavoro correlato,
è il presupposto per interventi preventivi e organizzativi efficaci e comporta una metodo-
logia di assessment che si avvale in fase di accertamento di misure soggettive (questionari
descrittivi, scale di valutazione, test psicometrici), di rilievo del clima organizzativo, e
successivamente dell’analisi di concordanza con parametri fisiologici ed epidemiologici.
I riferimenti legislativi nazionali e le direttive europee , mentre sono puntuali nella defini-
zione dei rischi tradizionali e delle relative misure preventive e correttive, lasciano ampio