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Il decreto elenca, per ciascuno di essi, obiettivi, attività e prestazioni, vincoli e, ove pos-
sibile, indicatori di verifica.
I livelli si configurano come obiettivi che il Ssn assume di conseguire a soddisfacimento
di specifiche quote di bisogno sanitario, mediante un insieme di attività e prestazioni da
porre in essere nell’ambito della quota capitaria di finanziamento. La normativa preve-
de che i livelli siano definiti dal Piano sanitario nazionale e la loro individuazione vada
effettuata “sulla base anche di dati epidemiologici e clinici, con la specificazione delle
prestazioni da garantire a tutti i cittadini”, nel rispetto degli obiettivi della programmazio-
ne socio-economica nazionale e in coerenza con l’entità del finanziamento assicurato al
Servizio sanitario nazionale. Più tardi il D.lg. 229/99 affermerà, invece, la contestualità
tra la definizione dei livelli di assistenza e la definizione delle risorse a disposizione.
Un passaggio fondamentale si ha negli anni 1998-1999, con il Piano sanitario nazionale
1998-2000, approvato con D.P.R. 23 luglio 1998, che prevede tre livelli essenziali di assi-
stenza, aggregando i sei livelli previsti precedentemente dal PSN 1994-96. Si tratta di:
1. assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;
2. assistenza distrettuale;
3. assistenza ospedaliera.
L’assistenza psicologica trova inserimento a più livelli e trasversalmente ad essi.
Le attività e le prestazioni psicologiche si trovano principalmente nei livelli:
“Assistenza distrettuale”, che raggruppa tutte le prestazioni sanitarie che si erogano
fuori dall’ospedale, quindi sul territorio. Si tratta delle prestazioni domiciliari, ambulato-
riali, semiresidenziali e residenziali.
“Assistenza ospedaliera” che riguarda le attività erogate dagli ospedali, siano esse in
ricovero ordinario, in day hospital, in ospedalizzazione domiciliare o in pronto soccorso.
Le scelte del Piano sono poi riprese e sviluppate nel decreto legislativo 19 giugno 1999,
n. 229, sulla razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, che ha modificato la legge
30 dicembre 1992, n. 502. e ha fissato i principi fondamentali per la definizione dei LEA
in Italia.
In particolare, ha stabilito la necessità che siano inserite nei LEA le prestazioni basate su
prove scientifiche di efficacia. Più precisamente: “sono posti a carico del Servizio sanita-
rio le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per speci-
fiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio
in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate”.
Inoltre, considerando la difficoltà di indicare precisamente tutte le prestazioni da inclu-
dere nei LEA, la riforma ne ha definito tre criteri: efficacia, appropriatezza, economicità,
con corrispondente esclusione dai LEA delle prestazioni che non rispondono a necessità
assistenziali, delle prestazioni non efficaci e non appropriate per curare la patologia spe-
cifica e delle prestazioni più costose a parità di efficacia clinica (principio di economicità;
corretto rapporto costo-efficacia).
Negli ultimi anni la riforma federalistica ha reso urgente la ridefinizione dei LEA a livello
locale (Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Auto-
nome di Trento e Bolzano, 2001) .
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L’Accordo del 22/11/2001 afferma che i soggetti locali, con costi a proprio carico, possono individuare
LEA aggiuntivi.
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